
Pubblicato su Oggi n.51 del 27 dicembre 2019.
Una mia amica voleva denunciare il marito che la picchia e si è sentita dire: “Forse sta esagerando… Ma è proprio certa che sia la verità?”. Menomale che in tv e sui giornali si è parlato tanto della giornata mondiale contro la violenza sulle donne, altrimenti la denuncia rischiava di prendersela la mia amica, per calunnia… Sono molto amareggiata.
Caterina
Purtroppo, in Italia la formazione di coloro che sono chiamati a ricevere le denunce delle donne è ancora a macchia di leopardo: per la maggior parte sono preparatissimi, sensibili, competenti, capaci di rapportarsi in modo eccellente con chi hanno davanti; ma capita ancora che qualcuno stenti a riconoscere e a comprendere i casi di violenza, dunque che tenda a sminuire la gravità dei fatti denunciati (specie quando la violenza è opera di mariti, fidanzati, conviventi all’interno della casa).
Una situazione particolarmente grave tenuto conto che – secondo quanto emerge dal Rapporto della Polizia di Stato pubblicato il mese scorso – nell’82 per cento dei casi chi commette violenza su una donna “ha le chiavi di casa”.
Purtroppo, su questa situazione pesa il permanere di stereotipi negativi che condizionano fortemente il modo di concepire il ruolo della donna e quello dell’uomo. Proprio il 25 novembre, Giornata per l’eliminazione della violenza contro le donne, è stata pubblicata un’indagine dell’Istat su questo tema. Sembra assurdo, ma alla domanda sul perché alcuni uomini sono violenti con le proprie compagne/mogli, il 77,7 per cento degli intervistati ha risposto: “Perché le donne sono considerate oggetti di proprietà”; un altro 75 per cento ritiene invece che ciò avvenga “per il bisogno degli uomini di sentirsi superiori alla propria compagna/moglie”.
Secoli di patriarcato in cui le donne sono state ritenute inferiori e subordinate agli uomini condizionano ancora oggi i rapporti tra i sessi, l’organizzazione familiare e la struttura sociale. Lo dimostrano, tra l’altro, diverse affermazioni esemplificative riportate dall’Istat: “Per l’uomo, più che per la donna, è molto importante avere successo nel lavoro”, “Gli uomini sono meno adatti a occuparsi delle faccende domestiche”. Lo pensano, rispettivamente, il 32,5 per cento e il 31,5 per cento del campione considerato.
L’identificazione nei ruoli maschili e femminili è un processo che inizia sin dalla primissima infanzia e si trasmette di generazione in generazione: ecco perché è così importante cambiare questa mentalità attraverso un rinnovamento culturale che deve necessariamente cominciare dai bambini e dalle bambine di oggi, sia in famiglia sia a scuola. Proprio per questo, Doppia Difesa ha ideato un progetto da portare avanti nelle scuole, un intervento educativo e di sensibilizzazione per favorire lo sviluppo di una cultura della parità di genere già nei più piccoli. La speranza è che gli adulti di domani possano essere liberi dagli stereotipi, schemi fissi che ancora oggi viziano i rapporti tra i sessi, generando pregiudizi, divisione, discriminazione, e dunque violenza.
Giulia Bongiorno