Pubblicato su Oggi n. 10 del 11 marzo 2021

Una mia cara amica ha un rapporto difficile con il compagno: litigano e lui non fa che umiliarla e minacciarla. Come se non bastasse, sembra anche che da qualche tempo la tradisca. Ci sarebbero gli estremi per denunciarlo, anche se lui non l’ha picchiata? Lei mi ha detto che una volta ha alzato la voce contro di lui e gli ha sbattuto una porta in faccia: questo potrebbe influire sul parere del giudice, se lei – come spero – dovesse decidere di denunciare?
Lucia

Le darò qualche indicazione, anche se ovviamente non ho tutti i dettagli e non posso rilasciare un parere legale sul caso della sua amica.
In prima battuta posso dirle che il reato di maltrattamenti contro familiari o conviventi ricorre quando vengono commessi in modo abituale diversi tipi di atti che producono sofferenze fisiche o morali in chi li subisce: quindi, non solo percosse e lesioni, ma anche ingiurie, minacce, privazioni, umiliazioni, atti di disprezzo e di offesa alla dignità della persona. Tutto ciò vale non solo per coppie sposate, ma anche per qualunque relazione stabile che implichi l’insorgenza, per un certo tempo, di vincoli affettivi, solidarietà, protezione reciproca e aspettative di mutua assistenza assimilabili a quelli del gruppo familiare (si pensi alle “famiglie di fatto”); ricorre altresì nelle ipotesi di separazione legale o di fatto, in cui, benché vengano meno obblighi di convivenza e fedeltà, restano i doveri di reciproco rispetto, di assistenza morale e materiale. Se si decide di denunciare si avvia un processo che mira a raccogliere prove per dimostrare i fatti di reato; l’esito dipende quindi da quello che si riesce a provare in aula.
Una sentenza pronunciata lo scorso 5 febbraio dalla Corte di Cassazione con riguardo al delitto di maltrattamenti in famiglia ha dato un chiarimento importante in merito alle dinamiche di coppia ai fini della configurabilità di questo reato. Nel caso deciso dalla Corte, l’ex moglie aveva sporto denuncia dichiarando di subire ingiurie, botte, minacce, e di subirle tutti i giorni. In primo grado l’uomo è stato condannato, ma in appello è stato assolto sulla base del rilievo che la donna non avrebbe subìto passivamente i maltrattamenti e avrebbe anzi reagito in modo aggressivo. Tuttavia, a ben vedere, la donna si era limitata – e in una sola occasione – a gettare dei piatti per terra dopo avere scoperto un tradimento del marito.
Per questa ragione, la sentenza di assoluzione è stata impugnata dal Procuratore Generale presso la Corte di appello; la Cassazione ha condiviso i rilievi del ricorso, dunque lo ha accolto e ha rinviato a un nuovo giudizio in ordine ai maltrattamenti denunciati. Più precisamente, è stato evidenziato che una sola reazione della donna non può affatto significare di per sé l’esistenza di un contesto di reciproca aggressività nella coppia: solo se un simile contesto emergesse dal confronto delle condotte dell’uno e dell’altra si potrebbe escludere la sudditanza psicologica della persona offesa che caratterizza il reato.

Giulia Bongiorno

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