In occasione della Festa del Papà, celebrata il 19 marzo, l’INPS e Save The Children hanno diffuso alcuni dati, riferiti agli anni 2013-2023, sulla fruizione del congedo di paternità. Questo congedo è stato introdotto in Italia nel 2012, allo scopo di favorire la condivisione della cura e il legame tra padri e figli, e si è gradualmente allungato da un giorno fino ad arrivare agli attuali 10 giorni.

Dai dati emerge che il suo utilizzo è cresciuto nel tempo, passando dal 19,2% dei padri aventi diritto del 2013 al 64,5% del 2023. Sono quindi più di 3 padri su 5 a utilizzarlo, ma con notevoli differenze che dipendono sia dal territorio di residenza, sia dalle dimensioni dell’azienda, sia dal tipo di contratto lavorativo.

L’uso del congedo di paternità non è omogeneo sul territorio nazionale. Al Nord viene utilizzato dal 76% dei padri aventi diritto, una percentuale quasi doppia rispetto a quella riscontrata al Sud e nelle Isole (44%), mentre al Centro lo utilizza il 67% di loro. A livello regionale, la fruizione va dalla percentuale più bassa della regione Calabria a quella più alta della regione Veneto.

Per quanto riguarda invece le dimensioni dell’azienda, la percentuale dei padri che ricorrono al congedo è doppia tra quanti lavorano in aziende con più di 100 dipendenti (80%), rispetto a quanti lavorano in aziende con meno di 15 dipendenti (40%).

Infine, a fruire maggiormente del congedo sono i padri che hanno un contratto di lavoro a tempo indeterminato (circa il 70%), a fronte di quanti ne hanno uno a tempo determinato (il 40%) e di quanti ne hanno uno a termine, come gli stagionali (il 20%). Il tasso di utilizzo più alto si osserva tra i padri che hanno un reddito compreso tra i 28.000 e i 50.000 euro (83%), mentre cala leggermente tra quanti hanno un reddito annuo superiore ai 50.000 euro (80%). Tra i redditi più bassi, scende ulteriormente,
attestandosi sul 66% tra quanti hanno un reddito compreso tra i 15.000 e i 28.000 euro annui.

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