Il 4 novembre l’Istat ha diffuso una pubblicazione che, partendo dal progetto Bes (che misura il Benessere Equo e Sostenibile), offre uno sguardo sulle disuguaglianze tra uomini e donne, tra generazioni, tra territori e tra gruppi di popolazione con diverso titolo di studio. Scopo della pubblicazione è individuare i gruppi maggiormente svantaggiati in termini di benessere nei vari ambiti della vita.

Dal punto di vista delle disuguaglianze di genere, notevoli sono stati i progressi in ambito educativo e culturale per le donne: una giovane donna su tre, nella fascia d’età 25-34 anni, è laureata contro uno su quattro tra gli uomini; inoltre, i percorsi di istruzione femminili si distinguono per migliori risultati, con meno abbandoni e competenze più elevate. Nonostante questo, le donne continuano a essere penalizzate nel mercato del lavoro: persiste un gap nei tassi di occupazione (56,5% rispetto al 76% degli uomini), nella presenza nelle posizioni di rappresentanza politica ai vertici delle istituzioni e nelle condizioni economiche. Tuttavia, il maggiore investimento femminile nell’istruzione costituisce un fattore di potenziale attenuamento di questa disparità in futuro, soprattutto se accompagnato da un parallelo ampliamento delle opportunità e degli strumenti di sostegno alla conciliazione dei tempi di vita.

Nel documento si legge, in particolare, che continuano a essere più numerosi gli indicatori che mostrano uno svantaggio femminile e che gli indicatori che evidenziano una condizione femminile migliore di quella maschile rientrano, in gran parte, negli ambiti dell’istruzione e formazione (oltre che della salute). E sono soprattutto gli indicatori centrati sulla componente giovanile a far emergere un vantaggio femminile:

– è meno diffuso tra le ragazze il fenomeno dell’abbandono scolastico (7,6% contro il 13,1% dei maschi) ed è più contenuta la percentuale di low performers, ovvero le studentesse dell’ultimo anno della scuola secondaria di primo grado che non hanno raggiunto un livello di competenza alfabetica almeno sufficiente (33,9%; 42,9% per i ragazzi);

– è più elevata sia la proporzione di giovani iscritte all’Università per la prima volta nello stesso anno in cui hanno conseguito il diploma (il tasso specifico di coorte delle ragazze è 58,2%; 45,2% quello dei ragazzi), sia la percentuale di giovani donne 25-34enni con laurea o altri titoli terziari (37,1%, contro il 24,4% dei giovani uomini). 

Inoltre, l’investimento femminile in formazione dei decenni passati fa sì che anche tra gli adulti si osservi un vantaggio femminile: 

– tra i 25-64enni è infatti più elevata la quota di quante hanno conseguito almeno il diploma (68%; 62,9% per gli uomini). 

Il vantaggio maschile nel benessere riguarda invece principalmente due ambiti: politica e istituzioni e lavoro e conciliazione dei tempi di vita

Tutti gli indicatori relativi alla presenza femminile nelle posizioni di rappresentanza politica e ai vertici delle istituzioni segnalano un persistente divario di genere, che appare particolarmente elevato se si considerano le posizioni apicali degli organi decisionali (solo il 21,3% di donne ricopre queste posizioni) e gli organi politici locali (solo il 24,1% di donne). Anche nel Parlamento italiano la presenza femminile si ferma al 33,7%, mentre, grazie alla spinta degli interventi normativi in materia, sale al 43,1% nei consigli di amministrazione delle società quotate in Borsa.
Nonostante le migliori performance nel dominio istruzione e formazione, le donne restano fortemente penalizzate sul mercato del lavoro, sia sugli indicatori quantitativi sia su quelli qualitativi. Nel dominio lavoro e conciliazione dei tempi di vita, sono infatti 6 gli indicatori per i quali il divario a vantaggio degli uomini è particolarmente ampio:

  • il tasso di occupazione femminile è significativamente più basso (56,5%; 76%);
  • sono più elevati sia il tasso di mancata partecipazione al lavoro (18%; 12,3%) sia l’incidenza del part-time involontario (15,6%; 5,1%);
  • tra gli uomini sono meno numerosi i lavoratori che percepiscono insicurezza lavorativa (3,7%; 4,7% delle donne);
  • è più basso il tasso di occupati sovraistruiti (25,4%; 29,4% delle donne). 

Le difficoltà di inserimento sul mercato del lavoro espongono le donne anche a un maggiore rischio di vivere in famiglie povere, che tocca il 20% delle donne contro il 17,8% degli uomini, o di vivere in condizioni di grave deprivazione materiale (5%; 4,5%).

Infine, tra gli altri indicatori che presentano un divario maggiore tra uomini e donne se ne segnalano alcuni del dominio sicurezza: se quasi tre quarti degli uomini si sentono sicuri a camminare da soli quando è buio nella zona in cui vivono (72,4%), solo poco più della metà delle donne (52,1%) afferma altrettanto.

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