Pubblicato su upday il 25 novembre 2019.

Il 25 novembre abbiamo celebrato la Giornata per l’eliminazione della violenza contro le donne. In Italia il problema è più attuale che mai. Secondo un report diffuso nei giorni scorsi dalla Polizia di stato, ogni giorno nel nostro Paese 88 donne subiscono maltrattamenti, fisici e psicologici. La situazione è grave al Nord quanto al Sud e riguarda donne di qualsiasi età ed etnia. Molte di loro subiscono questi soprusi in silenzio e si isolano, altre trovano la forza di denunciare. upday, per l’occasione, ha intervistato una di loro. Questa è la sua storia.

 

Oggi R. sa che bisogna parlare, uscire allo scoperto, chiedere aiuto. Ma per due anni è rimasta in silenzio e ha sopportato, sperando che un giorno le cose sarebbero cambiate. Sperando che nessuno, intorno a lei, capisse cosa le stava accadendo.

R. è una donna che è stata vittima di violenza. In passato è stata maltrattata, picchiata e minacciata. Anche quando era incinta. L’autore delle violenze era C., il suo compagno di allora.

R. e C. si conoscevano sin da bambini. “Vivevamo vicini e per un po’ ci siamo frequentati. Poi ci siamo persi di vista e ritrovati ai suoi 18 anni”, racconta. “Una volta insieme ha iniziato lentamente a smontare la mia autostima e la mia forza, mai in modo evidente, era più un metodo bastone e carota, a dirla tutta. Criticava e screditava le mie opinioni ma poco dopo era amorevole ed affettuoso”.

La situazione è peggiorata con la gravidanza. “Ha iniziato a essere violento anche fisicamente quando ero al quarto mese. I pretesti erano spesso futili, semplici disaccordi come anche l’ impossibilità di comprare un’auto sportiva”.

R. non aveva nessuno con cui sfogarsi. Non voleva far vedere agli altri quanto stava male, si innervosiva per un nonnulla e lui le diceva che si sarebbe ucciso, se solo si fosse confidata.

R. sapeva che ciò che le stava accadendo non era normale, che quel comportamento non aveva giustificazioni. Si vergognava di essere così remissiva. A volte, però, provava a convincersi che la colpa fosse sua e che se solo avesse cambiato atteggiamento anche le violenze sarebbero finite.

Non è stato così. I maltrattamenti sono andati avanti ancora per mesi e sono finiti solo quando R. ha denunciato. “Un giorno, guardandomi allo specchio, mi sono detta che mio figlio non avrebbe mai dovuto vedermi così spaventata né mai provare lui stesso paura”.

Parlare con la polizia non è bastato a voltare pagina. R. dice che le autorità, anziché mostrarsi comprensive e accoglienti, hanno ascoltato la sua vicenda con molto scetticismo e superficialità. Lei stessa, poi, ha dovuto affrontare un lungo percorso personale. “Il cambiamento è lento e difficile, servono impegno e costanza”.

Il suo ex compagno è stato condannato in primo grado per maltrattamenti e non può avvicinarsi a lei. Il processo non è ancora finito ma R. è assistita Doppia Difesa, la fondazione creata nel 2007 da Michelle Hunziker e dall’avvocato penalista Giulia Bongiorno. “Mi sono rivolta a loro perché cercavo un sostegno da qualcuno che sapeva cosa faceva”, spiega. “A chi è nella mia stessa situazione dico: se una denuncia vi sembra un passo troppo grande, rivolgetevi almeno ad un’associazione. Uscite allo scoperto, solo così potrete ritrovare la forza e il coraggio che vi hanno rubato”.

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