Pubblicato su Oggi del 22.04.18

Vi scrivo per capire meglio una notizia che ho letto, a proposito di una ragazza pakistana. Prima ho letto che era stata uccisa solo perché voleva sposare un italiano, poi che è morta di infarto. Come è possibile?! Ma qualcuno farà qualcosa per approfondire e accertare la verità? Lei cosa ne pensa?
Maria Antonietta

Pochi giorni fa è morta una venticinquenne di origini pakistane, Sana Cheema, residente a Brescia.
Stando alle testimonianze rese alla stampa da chi la conosceva, Sana era una ragazza in gamba, dinamica, indipendente: aveva studiato fino a diventare istruttrice certificata di scuola guida, abilitata all’insegnamento, e formava sia italiani sia suoi connazionali, ai quali spiegava in hurdu il nostro codice della strada. Da ultimo aveva anche iniziato a gestire un’agenzia di pratiche automobilistiche. E aveva una relazione con un ragazzo della provincia bresciana. Un paio di mesi fa Sana era partita per andare a trovare i parenti in Pakistan, a Gujrat, dove vive la madre. Qui, raggiunta dal padre e dal fratello, sarebbe stata uccisa per aver trasgredito le regole della famiglia. Ma dopo che la notizia è stata pubblicata con ampio risalto sui giornali, è arrivata la smentita: Sana sarebbe stata stroncata da un malore.
Una versione dei fatti, quest’ultima, sorprendente e singolare. In ogni caso, pare che adesso ci sarà un’inchiesta per accertare la verità: se davvero Sana Cheema è stata uccisa, come inizialmente si era detto, il tentativo di “coprire” l’omicidio è un fatto gravissimo.
Infine, è giunta una terza notizia: sembra che si farà un’autopsia. Dinanzi a questa tragedia, mi sembra doveroso approfondire e capire la vera causa della morte di Sana.
Non sarebbe peraltro la prima volta che una donna di cultura islamica paga con la vita la volontà di vivere “all’occidentale” e dunque di sottrarsi a un distorto rapporto di possesso parentale. Nel 2006, a Sarezzo (provincia di Brescia), un’altra ragazza pakistana, Hina Saleem, era stata uccisa dal padre; a scatenare la furia omicida era stata la sua disobbedienza: amava un giovane italiano e si rifiutava di adeguarsi alle tradizioni e agli usi della sua cultura d’origine.
Queste tragedie pongono portano drammaticamente alla ribalta i problemi legati alla convivenza di culture diverse, all’integrazione, al contrasto fra ossequio della tradizione e rispetto dei diritti umani. Negli oltre dieci anni di attività di Doppia Difesa, abbiamo assistito a una progressiva presa di coscienza delle donne italiane, oggi molto più propense che in passato a denunciare abusi e violenze; notiamo invece che, purtroppo, per le donne di altre culture è difficilissimo anche solo rendersi conto di subire delle violenze.

Giulia Bongiorno

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