Intervista di Alessandra Stoppini per Santalessandro del 22 novembre 2018.

 

“Non accettare mai la violenza, in nessun caso e in nessuna forma”. Questa che appare nella prima pagina del sito di Doppia Difesa è la frase che ripetete subito alle donne che si rivolgono alla Fondazione?

«La violenza sulle donne è un fenomeno comune a ogni strato sociale e a tutte le età. Le vittime non devono mai credere di essersela meritata; devono imparare a riconoscerla, a percepire la gravità delle aggressioni, non soltanto fisiche ma anche psicologiche. Da più di dieci anni cerchiamo di convincere le donne a pretendere rapporti di coppia basati sul rispetto reciproco. Sopportare in silenzio disparità e maltrattamenti – sottovalutando la violenza, o peggio perdonandola – è pericolosissimo: l’escalation dei comportamenti aggressivi è imprevedibile e può costare la vita».

Sta per essere approvata in Parlamento una nuova legge che introduce una procedura di “Codice rosso” sulla violenza contro le donne. Ce ne vuole brevemente parlare?

«Oltre alle attività di sensibilizzazione e di supporto diretto alle vittime di violenza, tramite consulenze e assistenze legali e psicologiche, Doppia Difesa è attiva anche nel sollecitare l’adozione di nuove leggi, come fatto di recente con il DDL “Codice Rosso”. Con esso si vuole far sì che le donne che denunciano possano ricevere un aiuto immediato, intervenendo, tra l’altro, sui tempi entro cui il pubblico ministero debba ascoltare la vittima di reati come quelli di maltrattamenti o atti persecutori, così da valutare la sussistenza di pericoli attuali e concreti e, conseguentemente, adottare le misure più adeguate per la loro protezione».

Anno dopo anno le donne uccise sono aumentate, così come gli atti persecutori e gli stupri subiti da donne. Che cosa sta accadendo?

«La violenza affonda le sue radici nella discriminazione verso le donne; discriminazione che, fino a qualche tempo fa, anche le leggi in qualche modo tolleravano. Basti ricordare, ad esempio, che l’art. 544 del codice penale, abrogato solo nel 1981, attraverso il cosiddetto matrimonio riparatore assicurava allo stupratore l’impunità se avesse sposato la ragazza violentata. Il problema è anzitutto culturale: se la donna è considerata un essere inferiore, una sorta di oggetto di cui disporre a piacimento, va da sé che per certi uomini è assai facile arrivare a “distruggerlo” se non va più bene. Come è facile che altri si sentano quasi in diritto di punire la donna, anche con la morte, quando ritengono violate le proprie “regole” di onore, fedeltà e obbedienza incondizionata».

Dall’altro lato sempre più donne in Italia decidono di dire basta e mettere fine alle violenze subite denunciando i soprusi. È forse dovuto all’onda iniziata con il movimento #MeToo negli Stati Uniti ma che ha trovato ampio spazio anche in Italia, grazie a una forte diffusione mediatica?

«Sicuramente negli ultimi anni – come risulta anche da rilevazioni statistiche – le donne hanno cominciato a reagire di più: chiudono le relazioni violente e hanno più consapevolezza. L’esempio di donne che hanno trovato il coraggio di ammettere le violenze subite, di raccontarle e denunciarle è di grande aiuto per altre donne che subiscono in silenzio».

Denunciare sempre è sacrosanto, però occorre cercare di porre un freno, affinché questi odiosi episodi si ripetano sempre meno. Cosa possono fare la scuola e gli educatori in tal senso?

«La scuola e la famiglia hanno un ruolo di primissimo piano nel contrasto alla violenza di genere. Possono, anzi devono, intervenire sul piano della prevenzione. Hanno la possibilità di educare alla parità e al rispetto, realizzando quel rinnovamento culturale delle generazioni che è fondamentale per arginare il fenomeno. La concezione della donna come essere inferiore va scardinata già dalle prime fasi di formazione di un bambino e di una bambina, e dunque, nella scuola e nella famiglia. Sono questi i primi fondamentali contesti in cui vanno predicati e praticati i principi del paritario trattamento tra i sessi. La violenza, come già detto, è anche una conseguenza delle discriminazioni che le donne subiscono quotidianamente. Dunque, potrà essere arginata soltanto quando uomini e donne saranno realmente uguali, con i medesimi diritti, i medesimi doveri, le medesime possibilità».

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