Lo scorso 20 aprile, l’Istat ha pubblicato la decima edizione del Rapporto sul Benessere equo e sostenibile (Bes) riferito all’anno 2022. Il Rapporto offre un quadro integrato dei principali fenomeni economici, sociali e ambientali che caratterizzano l’Italia, attraverso l’analisi di un ampio set di indicatori suddivisi in 12 domini in cui è articolato il benessere (Salute; Istruzione e formazione; Lavoro e conciliazione dei tempi di vita; Benessere economico; Relazioni sociali; Politica e istituzioni; Sicurezza; Benessere soggettivo; Paesaggio e patrimonio culturale; Ambiente; Innovazione, ricerca e creatività; Qualità dei servizi), con particolare attenzione agli squilibri territoriali e alle differenze di genere e per classi di età.

Dalla lettura emerge che “il 39% degli indicatori fotografa ancora uno svantaggio netto per la popolazione femminile rispetto a quella maschile. E particolarmente un tasso di occupazione femminile così lontano dalla media europea e così basso da vedere esclusa dall’indipendenza economica quasi la metà delle donne”.
Più nel dettaglio, il capitolo 3 (“Lavoro e conciliazione dei tempi di vita”) fornisce analisi del mercato del lavoro italiano, evidenziandone anche le differenze di genere.

Vi si legge per esempio che, dopo la forte riduzione del 2020 e la crescita contenuta del 2021, nel 2022 gli occupati tra i 20 e i 64 anni aumentano di 538 mila unità (+2,5% rispetto al 2021). Il tasso di occupazione raggiunge il 64,8% (+2,1 punti percentuali rispetto al 2021), superando di oltre un punto percentuale quello registrato nel 2019. Tra il 2021 e il 2022, il tasso aumenta soprattutto tra gli uomini (+2,3 punti percentuali rispetto a +1,8 tra le donne), raggiungendo il 74,7% (55% tra le donne), con il conseguente lieve aumento del divario di genere (19,7 punti, +0,5 punti). Il tasso di occupazione italiano è di circa 10 punti inferiore a quello medio europeo (74,7%). A determinare questa distanza è soprattutto il tasso di occupazione femminile, più basso rispetto alla media europea di oltre 14 punti.

Dal rapporto emerge anche che, purtroppo, perdura l’inefficiente collocazione della forza lavoro: il mercato del lavoro italiano soffre di una difficoltà cronica a collocare in modo appropriato il capitale umano. La quota di occupati con un titolo di studio superiore a quello più frequente per svolgere una determinata professione continua nella sua lenta ma costante crescita e si attesta sul 26,0%. Il fenomeno, più diffuso tra le donne (28,1%), è particolarmente concentrato nella classe dei più giovani, 15-24 anni (44,3%), in modo uniforme tra uomini e donne, tanto che i differenziali di genere tendono a ridursi (meno di un punto percentuale).

Diminuisce il part time involontario, in particolare tra le donne: tra il 2021 e il 2022 si osserva una flessione nel numero di occupati part time che si dichiarano tali per non aver trovato un lavoro a tempo pieno: rappresentano il 10,2% degli occupati (-1,1 punti rispetto al 2021). La quota di lavoratori in part time involontario rimane tuttavia molto alta tra le donne (16,5% rispetto al 5,6% degli uomini). Nel confronto europeo, appare chiaro come il fenomeno sia tipico del mercato del lavoro italiano e caratterizzi in particolare l’occupazione femminile. Se nel 2021 la quota di donne occupate a tempo parziale è simile a quella europea, l’incidenza delle occupate in part time involontario sul totale delle donne in part time supera abbondantemente il 50%, mentre nella media dei paesi Ue si ferma intorno al 20%.

Aumenta l’occupazione femminile sia tra chi non ha figli sia tra chi ha figli piccoli: il tasso di occupazione aumenta anche per le donne tra i 25 e i 49 anni, sia che non abbiano figli sia che abbiano figli di età inferiore ai 6 anni. Il valore del tasso è più alto tra le prime, pari al 76,6% (+2,7 punti rispetto al 2021), e scende al 55,5% (+1,6 punti) tra le seconde.

L’indice di asimmetria nel lavoro familiare – che misura, per le donne in coppia di età compresa tra i 25 e i 44 anni, quanta parte del tempo dedicato al lavoro domestico da entrambi i partner occupati è svolto dalle donne – è sostanzialmente stabile (61,8% media 2021-22 e 61,6% media 2020-21), rallentando la tendenza al miglioramento osservata negli anni precedenti. Permangono le differenze territoriali, con la percentuale più alta nel Mezzogiorno (67,5%) rispetto al Centro (63,3%) e al Nord (58,8%).

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