
Pubblicato su Oggi n.5 del 6 febbraio 2020.
Ho letto che, stando a una recente indagine Istat, c’è ancora qualcuno secondo cui certe donne la violenza se la vanno a cercare, mentre altre non sanno dire di no. Non è incredibile?
Marcella
Sembra incredibile, eppure è confermato proprio dall’indagine a cui fa riferimento: pubblicata in occasione dello scorso 25 novembre (Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne), indagava tra l’altro le opinioni rispetto alla violenza sessuale e alle donne che la subiscono. Più esattamente, a un campione di intervistati è stato chiesto di esprimere quanto fossero o non fossero d’accordo rispetto ad alcune affermazioni. A manifestare il maggior accordo sono stati gli intervistati oltre i 60 anni, in particolare uomini.
Oltre il 39 % del campione si è detto molto o abbastanza d’accordo sull’affermazione “Le donne che non vogliono un rapporto sessuale riescono a evitarlo”. Anche l’idea che il modo di vestire possa provocare la violenza sessuale trova d’accordo più del 23 % del campione, e soprattutto chi ha un’età superiore ai 60 anni. È emerso inoltre che sono soprattutto gli uomini a ritenere che «spesso le accuse di violenza sessuale sono false» (per fortuna, si tratta di poco più del 10 % degli intervistati). Non manca infine (7,2 %) chi pensa che di fronte a una proposta sessuale «le donne spesso dicono no ma in realtà intendono sì», e addirittura che «le donne serie non vengono violentate» (6,2 %).
Queste opinioni sono strettamente legate a una concezione stereotipata della donna, quasi come se fosse per natura una “tentatrice” o come se non avesse una volontà propria, meritevole di essere rispettata in ogni contesto, a cominciare da quello sessuale. Insomma, un modo distorto di intendere i rapporti tra donna e uomo, anche quando questi rapporti attengono specificamente alla sfera sessuale e possono avere risvolti di rilevanza penale. In più occasioni la giurisprudenza si è occupata di casi di violenza in cui rilevava il modo di abbigliarsi di una donna, o nei quali una donna non aveva detto di no, e ha fatto estrema chiarezza su questi aspetti. Mi limito a citarne due.
Un uomo sosteneva che l’abbigliamento della sua ex fidanzata aveva rappresentato una sorta di consenso implicito all’atto sessuale, compiuto in realtà senza alcuna condivisione da parte della vittima. La Cassazione (sentenza 09.09.2009 n. 34870) affermò che era sicuramente violenza sessuale la costrizione operata dall’uomo per avere rapporti intimi, nonostante la vittima indossasse, in quella occasione, abiti succinti che ne mettevano in evidenza le forme: una tale circostanza non era affatto una forma di consenso, tanto meno un’attenuante.
In un altro caso più recente, invece, una donna ha semplicemente teso la mano per salutare un uomo che l’ha tirata in un abbraccio improvviso e forzato, determinando così il contatto dei due corpi, anche nelle parti genitali, e il toccamento indesiderato del seno. Secondo la Cassazione (sentenza 09.01.2020 n. 378), la donna, colta di sorpresa, non ha avuto la possibilità di reagire: il gesto è stato compiuto con una rapidità e una insidiosità tali da superare la sua volontà contraria.
Purtroppo, gli stereotipi su ruoli di genere e sessismo creano un contesto favorevole alla violenza degli uomini contro le donne. Per questo bisogna combattere certi modi di pensare, e le famiglie sono chiamate a impartire fin dalla più tenera età un’educazione fondata sulla parità dei sessi e il rispetto reciproco; vale altrettanto, e per la durata dell’intero ciclo scolastico, per gli insegnanti di tutte le scuole di ogni ordine e grado.
Giulia Bongiorno