Pubblicato su Oggi n.46 del 21 novembre 2019.

Ho letto sui giornali della prima passeggiata nello spazio fatta da sole donne. Ci sono voluti anni, ma ecco un altro esempio – questa volta davvero eclatante – di quello che anche le donne possono fare. Spero che sempre più spesso leggeremo notizie del genere, finché smetteranno di essere notizie e rappresenteranno la normalità.

Lucilla

Lo scorso ottobre si è tenuta la prima passeggiata spaziale al femminile della storia. Christina Hammock Koch, 40 anni, e Jessica Meir, 42, astronaute americane della Nasa, sono state protagoniste della prima eva (attività extraveicolare) realizzata senza compagni maschi al di fuori della Stazione Spaziale Internazionale (iss).
Il primo uomo a fare la passeggiata spaziale era stato nel 1965 Alexei Leonov, cosmonauta russo. Per la prima donna abbiamo dovuto attendere il 1984, con Svetlana Savitskaya, affiancata da un collega; dopo di lei sono venute altre donne, ma sempre accompagnate, e comunque pochissime rispetto agli uomini (poco più di 10 su oltre 200 passeggiate). Il 2019, finalmente, è stato l’anno di due astronaute. Sole. Pare che il prossimo traguardo, entro il 2024, possa essere lo sbarco sulla Luna di una donna.
Alla Nasa gli astronauti – di entrambi i sessi – si allenano per anni in vista di queste spedizioni e, come hanno sottolineato i media, lavorare nella Stazione Spaziale Internazionale non è affatto facile: sebbene sia grande come un campo da rugby, le parti abitabili e da dividere con i colleghi sono molto piccole; non c’è possibilità di abbassare i finestrini per far entrare l’aria e c’è sempre un ronzio di sottofondo, prodotto dagli apparati meccanici che assicurano ossigeno, luce e calore. Ecco perché un intervento come quello eseguito da AstroChristina e AstroJessica è in verità tutt’altro che una “passeggiata”: con un solo movimento, come quello con cui si chiude e si apre la mano attorno a una pallina da tennis, bisogna manovrare senza sosta attraverso un guantone – per un tempo che varia dalle cinque alle otto ore – chiavi inglesi o avvitatori, e poi districare cavi, afferrare pannelli, cambiare batterie ecc. Il tutto, mentre la stazione percorre in novanta minuti l’orbita terrestre, a quattrocento chilometri di altezza e alla velocità di 28.800 chilometri orari. Senza contare che si passa da una temperatura di 120 gradi, quando si è esposti al Sole, ai meno 100 della notte siderale.

Le due astronaute hanno operato con l’assistenza del comandante italiano dell’equipaggio, Luca Parmitano, e dell’ingegnere di volo americano Andrew Morgan; dalla base di controllo erano coordinate da un’altra astronauta Nasa, Stephanie Wilson. Insomma, è stato anche un bel lavoro di squadra tra donne e uomini. Christina Hammock Koch, ingegnere aerospaziale, astrofisica e surfista, oltre che moglie, e Jessica Meir, single, biologa, speleologa, pilota d’aerei, alla Nasa dal 2013, sono così diventate un modello per tutte le ragazze interessate alla ricerca spaziale, e non solo per loro: con questa missione hanno dimostrato che donne e uomini – a patto di impegnarsi con passione e di prepararsi scrupolosamente – possono essere e fare tutto quello che desiderano, e che collaborando sono in grado di raggiungere gli obiettivi più difficili. Da oggi nessuno potrà più dire che far funzionare gli elementi del sistema energetico di una stazione spaziale è un “mestiere da uomini”.

Giulia Bongiorno

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