
Pubblicato su Oggi n.28 del 19 luglio 2018.
Due notizie, in modo diverso, ci fanno ancora una volta riflettere sulle gravissime discriminazioni subite dalle donne, soprattutto in alcuni Paesi dove certe libertà che noi consideriamo scontate non lo sono affatto. La prima notizia è che in Arabia Saudita è stato annullato il divieto di guidare per le donne. Una «svolta storica», così è stata definita, strettamente legata al programma di riforme sociali ed economiche (il cosiddetto Vision 2030) voluto dal giovane principe ereditario Mohammed bin Salman. Nel settembre 2017 era stato adottato un decreto a firma del padre, il sovrano Salman, con il quale era stata prevista la concessione (dopo sei mesi) del permesso di guidare alle donne. L’Arabia era l’unico Paese al mondo a imporre, tra gli altri, questo assurdo divieto: i teologi wahabiti dell’islam sunnita (radicali e ultraconservatori) consideravano infatti «inappropriato» che le donne guidassero, anzi lo ritenevano «pericoloso per la stabilità del Regno». Addirittura, un potente sceicco (Saad Al Hajry, presidente del Consiglio della fatwa della provincia di Asir) ha dichiarato in pubblico e senza mezzi termini che il divieto era giustificato dal fatto che le donne hanno solo un quarto del cervello degli uomini! Affermazione che ha suscitato molte proteste, a dimostrazione del fatto che, seppur lentamente, qualcosa nel Paese sta cambiando. Ebbene, da domenica 24 giugno le donne dell’Arabia possono finalmente mettersi alla guida, non solo di un’automobile ma anche di Tir e moto. Secondo certa stampa, l’abolizione del divieto avrebbe motivazioni economiche: il governo vuole rendere l’economia più inclusiva e dunque coinvolgere le donne per sostenere la crescita del Paese che sarebbe (a differenza del passato) sempre meno dipendente dal petrolio. Se la sola ragione fosse questa, ci troveremmo di fronte all’ennesima mortificazione, un po’ come dire: care donne, da oggi vi permettiamo di guidare… ma soltanto perché fa comodo a noi! La seconda notizia riguarda la decisione di rimuovere dall’incarico il capo dell’Autorità governativa araba per l’Intrattenimento. Sempre nell’ambito del piano riformistico di cui sopra, e con riguardo particolare alla cultura, Ahmad al-Khatib – questo il suo nome – aveva preso alcune decisioni di significativa apertura, consentendo per esempio l’organizzazione di concerti (in Arabia non era consentito suonare musica in pubblico) e la rimessa in funzione dei cinema. Di recente – sempre su sua autorizzazione – si è tenuto a Riad uno spettacolo del circo di Mosca, con esibizioni di artiste in costumi molto scollati. Questo ha suscitato la disapprovazione di molti sauditi conservatori, che hanno fatto rimostranze pubbliche. E, sebbene la motivazione ufficiale non sia stata resa nota, pare proprio sia questa la ragione che ha indotto re Salman a firmare il decreto di licenziamento: la convinzione che le donne devono coprire il corpo da capo a piedi sembrerebbe insomma insuperabile. Le donne saudite devono lottare per conquistarsi diritti che per donne di altre culture sono ormai acquisiti da tempo. Purtroppo, molte non sono nemmeno consapevoli di essere vittime di diseguaglianze tanto gravi!
Giulia Bongiorno