
Pubblicato su Oggi n. 10 del 12 marzo 2020.
Cara Michelle,
ho letto che la cantante Elodie ha raccontato che Marco Masini le ha fatto notare un po’ troppe volte di essere troppo magra, e c’è stata una lite tra loro perché per lei è un argomento delicato. È stata pronunciata la parola bodyshaming. Ma secondo te quand’è che un commento smette di essere una battuta di cattivo gusto e diventa un’azione vessatoria come il bodyshaming?
Caterina
Cara Caterina, al di là del caso specifico (qualcuno si è preoccupato di ascoltare la versione di Marco Masini?), la tua lettera mi dà lo spunto per parlare di un argomento molto attuale.
Purtroppo, nel vocabolario italiano mi sembra che non esista un sostantivo efficace come bodyshaming per indicare il comportamento di chi giudica il corpo degli altri, deridendoli o attaccandoli per le loro caratteristiche fisiche: in certi casi ho l’impressione che usare una parola straniera finisca per attenuare la gravità di un comportamento. Se proviamo a dirlo in italiano, “far vergognare qualcuno per il proprio corpo” suona persino più meschino e ingiusto di bodyshaming.
Anche le persone apparentemente più sicure di sé hanno delle fragilità e a volte le allusioni possono ferire come e più di un attacco esplicito, senza contare che persino la magrezza e l’altezza (due caratteristiche apparentemente desiderabili, in sé e per sé) possono costituire un problema: a riprova del fatto che le fragilità riguardano non solo problemi oggettivi ma anche l’idea che di noi stessi ci siamo fatti. Oltretutto, se molte donne pensano di non essere mai abbastanza magre, ce ne sono altre che non sono affatto contente di sentirsi dire “Come sei dimagrita!”: magari il dimagrimento è dovuto a un problema di salute o a un dispiacere di cui non hanno voglia di parlare.
Anche per questo, perché non possiamo mai sapere cosa succede nella mente e nel cuore degli altri, bisognerebbe evitare del corpo degli altri, anche quando si è in buona fede convinti di parlare per il loro bene. Il confine tra l’indelicatezza e il bodyshaming può diventare sottile, dunque nel dubbio sarebbe meglio tenersene il più lontano possibile; e – se proprio si sente la necessitò o il dovere di invitare qualcuno a preoccuparsi del proprio aspetto fisico (penso per esempio a un genitore in ansia) – bisognerebbe usare molto tatto e molto affetto.
Ad alcuni personaggi dello spettacolo è capitato di essere attaccati senza pietà per difetti fisici veri o presunti attraverso i social network: i cosiddetti “leoni da tastiera”, quelli che nascondendosi dietro l’anonimato di un computer pensano di poter dire qualsiasi cattiveria, sono sempre in agguato. Il punto è che nessuno è perfetto e che il fascino è fatto anche dalle imperfezioni: bisognerebbe riuscire ad accettarsi e a valorizzarsi (e mi riferisco alla personalità nel suo complesso, non solo al corpo), senza pretendere di uniformarsi a un presunto ideale assoluto – che peraltro non esiste.
Michelle Hunziker