Pubblicato su Oggi n.38 del 27 settembre 2018.

Cara Michelle,
ho letto che la femminista americana Naomi Wolf, per stroncare un libro sul tema degli abusi sulle pagine culturali del “Times”, ha denunciato per la prima volta di aver subìto lei stessa uno stupro quando aveva sette anni… Io sono contenta che stia un po’ crollando il “muro del silenzio” su certe questioni… Ma forse bisognerebbe smetterla di parlarne così, in qualsiasi ambito… C’è tempo e luogo… Sbaglio io? Tu cosa ne pensi?
Maria Teresa

Cara Maria Teresa, non è facile rispondere alla tua domanda. C’è una gran confusione intorno a noi: assistiamo a un continuo rovesciamento di fronti, crollano schieramenti che pensavamo inattaccabili, si rompono alleanze apparentemente inossidabili… Ed è molto complesso valutare situazioni in cui entrano in gioco emozioni e sentimenti intimi come quelli connessi a uno stupro (e in generale a una violenza sessuale), soprattutto se subìto nell’infanzia. Credo siano dolori nemmeno lontanamente immaginabili da chi, per sua fortuna, non li ha provati. Dunque, come si può criticare qualcuno per non aver parlato, o per aver deciso di parlare a distanza di anni, o per aver parlato immediatamente? Per di più, sapendo poco o addirittura niente della sua storia personale! Sono reazioni umane, nascono dal vissuto di ognuno di noi e per questo stesso fatto non credo siano giuste o sbagliate, semplicemente sono. In astratto, secondo me parlarne è sempre un bene: serve a chi ha sentito il bisogno di farlo e può servire a chi invece non osava – soprattutto, però, mi piace pensare che serva a renderci tutti, uomini e donne, più prudenti, solidali e consapevoli, più determinati nel difendere la propria dignità e i propri spazi e nel rispettare quelli altrui. Passando poi “al tempo e al luogo”, a me sembra che il momento sia proprio quello giusto, dato che per troppo tempo le donne hanno subìto in silenzio; e le pagine culturali di un giornale prestigioso come il “Times” sono un luogo particolarmente appropriato, perché la violenza è un dramma che ci riguarda tutti da molto vicino.
Entrando nello specifico, non sarò certo io a contestare le affermazioni di intellettuali come Germaine Greer o Naomi Wolf, né ho gli strumenti per addentrarmi nella diatriba sull’uso del termine “stupro” (la Greer sostiene che viene spesso usato a sproposito, la Wolf che è giusto usarlo in un senso più ampio). Sarebbe interessante leggere il saggio della Greer – che negli anni settanta del secolo scorso è stata una figura chiave all’interno del movimento femminista – per inquadrare nel contesto più ampio della sua riflessione alcune frasi che, estrapolate, possono in effetti destare qualche perplessità.

Michelle Hunziker

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