Pubblicato su Oggi del 17.11.17

Per circa 2 anni una mia cara amica è stata vittima di violenza domestica da parte del suo ex compagno convivente e qualche mese fa lo ha finalmente lo ha lasciato. Per fortuna lui non l’ha più cercata e adesso lei sta cercando di riprendersi. Spero che riesca a dimenticare, ma la vedo spenta, sfiduciata, e alle volte ho paura che non si libererà mai da questo incubo.
Marika

Che la violenza sulle donne abbia un serissimo impatto sulla salute fisica e mentale della donne è un dato incontestabile: emerge da studi e ricerche, tra cui il rapporto dell’Organizzazione Mondiale della Sanità Valutazione globale e regionale della violenza contro le donne: diffusione e conseguenze sulla salute degli abusi sessuali da parte di un partner intimo o da sconosciuti (2013; redatto in collaborazione con la London School of Hygiene & Tropical Medicine e il South African Medical Research Council). In questo rapporto si afferma esplicitamente che la violenza contro le donne rappresenta “un problema di salute di proporzioni globali”: secondo i dati, l’abuso fisico e sessuale è un problema sanitario che colpisce oltre il 35 per cento delle donne in tutto il mondo e a infliggere la violenza, nel 30 per cento dei casi, è un un partner o un ex partner. Anche dalle più recenti rilevazioni Istat sono emersi dati sconcertanti: a seguito delle ripetute violenze dei partner (attuali o precedenti), più della metà delle vittime soffre di perdita di fiducia e di autostima (52,75 per cento). Tra le conseguenze sono molto frequenti, anche ansia, fobia e attacchi di panico (46,8 per cento), disperazione e sensazione di impotenza (46,4 per cento), disturbi del sonno e dell’alimentazione (46,3 per cento), depressione (40,3 per cento), nonché difficoltà a concentrarsi e perdita della memoria (24,9 per cento), dolori ricorrenti nel corpo (21,8 per cento), difficoltà nel gestire i figli (14,8 per cento) e infine autolesionismo o idee di suicidio (12,1 per cento).

Da ultimo sono stati diffusi i dati del progetto REVAMP (Repellere Vulnera Ad Mulierem et Puerum, sostenuto dal ministero della Salute) coordinato dall’ISS (Istituto Superiore di Sanità) e dall’Ospedale Galliera di Genova (parte della rete ospedaliera che raccoglie i dati sulla violenza nell’ambito dell’IDB, Injury Database europeo). Le conseguenze della violenza sullo stato di salute della donna sono di diversa gravità: possono consistere in esiti fatali (si pensi al femminicidio o a interruzioni di gravidanza), in fatti molto invalidanti (ustioni, avvelenamento o intossicazione) e in problemi di tipo psicologico come disturbo post-traumatico da stress (PTSD) e abuso di sostanze, oltre a depressione, comportamenti auto-lesivi o suicidari, disturbi alimentari e sessuali. Un altro dato allarmante è emerso dalle specifiche attività di controllo che hanno seguito (nell’ambito del progetto) le donne vittime di violenza grave (ad esempio, vittime di violenze continue o di abusi sessuali con penetrazione) a tre mesi dalla dimissione ospedaliera: il 67,5 per cento di loro è risultato affetto da patologia mentale di stress da disordine post-traumatico. Valore paragonabile a quello delle vittime dirette di grandi disastri, compresi gli attentati terroristici!
Il percorso di ripresa di chi ha subìto violenze è lungo e faticoso, ma questo non significa affatto che non si possa pian piano “guarire”: è indispensabile però rivolgersi a competenti servizi socio-assistenziali, in grado di offrire il sostegno più adeguato.

Giulia Bongiorno

CONDIVIDI: