
Il 5 settembre l’Istat ha pubblicato dati sull’occupazione femminile, che riguardano il lavoro “non standard”: ovvero, quei rapporti caratterizzati da una ridotta continuità nel tempo e/o da una bassa intensità lavorativa, come per esempio avviene nei contratti a termine e nel part time involontario.
Secondo questi dati, riferiti all’anno 2022, a essere coinvolte in queste modalità lavorative sono soprattutto le donne: il 27,7% delle occupate sono infatti lavoratrici “non standard”, contro il 16,2% degli uomini.
Inoltre: la quota di lavoratori “non standard” raggiunge il 45,7% tra le donne giovani (a fronte del 33,9% dei coetanei), il 36,1% tra le residenti nel Mezzogiorno (22,1% gli uomini della stessa ripartizione), il 36,4% tra le donne che hanno al massimo la licenza media (18,6% gli uomini con lo stesso livello di istruzione) e arriva al 40,7% tra le straniere (28,3% tra gli stranieri maschi).
Lo svantaggio femminile si evince anche dalle retribuzioni: i dati del 2019 mostrano che in media le donne percepiscono una retribuzione oraria dell’11% inferiore a quella degli uomini, con differenze territoriali che variano tra il -13,8% nel Nordovest e il -8,1% nel Sud.
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