Pubblicato su Oggi n. 12 del 26 marzo 2020.

Nello spot della campagna di sensibilizzazione lanciata da Doppia Difesa contro gli stereotipi di genere viene citato un vecchio detto che ricordo di aver sentito da bambina, “Agli uomini la spada alla donna il mestolo”… Ma pare che alle donne indiane non resti nemmeno quello: ho letto che durante il ciclo mestruale non possono mettersi in cucina (e meno male che l’India è la quinta potenza economica del mondo), anche se per fortuna alcune studentesse hanno protestato per questo incredibile divieto.
Eleonora

Gli stereotipi di genere sono uno dei primi ostacoli da superare nelle azioni di contrasto della violenza di genere: la violenza nasce anche dalla convinzione che i sessi non sono davvero pari quanto a diritti, doveri e opportunità. L’umiliante restrizione di cui sono vittime le donne indiane risulta ancora più assurda per il fatto che riguarda una condizione di natura, fisiologica. Per la verità, anche in Occidente è ancora oggi ammantata da un velo di imbarazzo, che va al di là della semplice delicatezza, ma in India si va ben oltre l’imbarazzo e il pudore.
Secondo quanto riportato da diversi giornali, le protagoniste del caso a cui fa riferimento sono le studentesse di un college femminile, lo Shree Sahajanand Girls Institute della città di Bhujo (Stato del Gujarat). L’istituto avrebbe un regolamento interno in cui si dispone – in ossequio ad alcuni dettami religiosi – cosa devono/non devono fare le ragazze durante il ciclo mestruale. Per esempio: non possono entrare nel tempio, non possono accedere alla cucina, non possono avere contatti fisici con altre studentesse; devono mangiare in disparte (lavando poi i piatti in cui hanno mangiato), in classe devono sedere agli ultimi banchi, devono firmare in un apposito registro indicando, oltre al nome, primo e ultimo giorno del ciclo. Per circa due mesi alcune studentesse si sarebbero rifiutate di firmare e compilate il registro, dunque – allo scopo di accertarsi della presenza del ciclo – gli insegnanti le avrebbero portate nei bagni della scuola, quindi costrette a spogliarsi e a mostrare la biancheria intima. Da qui una protesta di piazza e l’apertura di un’indagine da parte della Commissione sulla condizione femminile del governo dello Stato del Gujarat; i vertici del college, da parte loro, avrebbero ribadito che le ragazze avevano violato le regole.
Quella indiana non è l’unica cultura in cui durante il ciclo mestruale le donne sono considerate impure e pertanto non vengono ammesse in alcuni contesti. Nello specifico caso, neppure una sentenza della Corte suprema – che stabilì la possibilità per tutte le donne, anche in età fertile, di accedere liberamente al tempio di Sabarimala – ha mai trovato davvero seguito. Stupisce che in moltissimi casi sono le stesse donne a opporre resistenza.
Il fatto che quelle studentesse si siano ribellate lascia ben sperare: l’accesso delle donne all’istruzione è senz’altro uno dei fattori che possono favorire il superamento di certe convinzioni, radicate soprattutto nelle generazioni più anziane e destinate purtroppo a trasmettersi anche di madre in figlia. L’istruzione può insomma innescare e favorire il rinnovamento culturale necessario – alle donne, prima ancora che agli uomini – per abbandonare i pregiudizi. Quello che preoccupa è che a volte, come nel caso in questione, siano proprio le istituzioni scolastiche a cercare di fermare il tempo, perpetuando ingiustizie e discriminazioni.

Giulia Bongiorno

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