Pubblicato su Oggi n. 51 del 23 dicembre 2021

Anche quest’anno, la celebrazione del 25 Novembre – Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne – è stata l’occasione per un bilancio di quanto è stato fatto e di quanto c’è ancora da fare. Sono trascorsi oltre due anni dall’entrata in vigore della legge n. 69 del 19 luglio 2019, meglio conosciuta come Codice Rosso, nata da un’idea di Doppia Difesa e volta tra l’altro a introdurre una corsia preferenziale per accelerare la valutazione delle misure a protezione delle donne vittime di violenza. Il femminicidio è spesso l’esito finale di un’escalation di violenze fisiche, psicologiche o economiche, dunque è indispensabile intervenire tempestivamente per fermare l’uomo violento, ancora più pericoloso perché molto spesso vive sotto lo stesso tetto della vittima. Al riguardo, i dati parlano chiaro: dal primo gennaio al 21 novembre 2021, nel nostro Paese sono state uccise 109 donne: una ogni tre giorni, di cui 93 in ambito familiare-affettivo. Di queste – secondo i dati del Ministero dell’Interno –, 63 hanno trovato la morte per mano del partner, attuale o ex.
Di fronte a questi dati qualcuno invoca nuove leggi, ma se un’auto ha il serbatoio vuoto, la soluzione è riempirlo, non potenziare il motore. In altre parole: le leggi ci sono, ma per essere efficaci devono essere applicate correttamente. Questo significa intervenire in tempi rapidi ed essere in grado di riconoscere la gravità dei fatti denunciati dalle vittime di violenza. Purtroppo, la cronica carenza di personale negli uffici giudiziari provoca ritardi, mentre dalla formazione a macchia di leopardo dipendono fraintendimenti a volte fatali. Servono perciò nuove risorse (magistrati e personale), ma serve anche formazione per tutti; anche per i giudici per le indagini preliminari, che hanno un ruolo cruciale: dovendosi occuparsi di un’enorme varietà di reati, dalla bancarotta alla violenza, non sempre hanno la preparazione e l’esperienza specifiche per valutare se adottare misure cautelari, ed eventualmente quali.
Lo scorso 3 dicembre il Consiglio dei ministri ha approvato un disegno di legge che introduce nuove disposizioni per la prevenzione e il contrasto della violenza nei confronti delle donne e della violenza domestica, fornendo così nuovi strumenti di intervento alle forze dell’ordine e agli organi giudiziari: un’adeguata formazione per questi soggetti è quindi, più che mai, decisiva. Se infatti esistono già, senza dubbio, delle eccellenze, ancora troppe donne che con grande fatica si erano convinte a denunciare raccontano di essere state sollecitate a tornare a casa e fare pace, perché un grave maltrattamento è stato scambiato per un banale litigio. E dal momento che il contesto familiare e il rapporto di coppia sono i luoghi privilegiati dalle violenze, diventa importantissimo riconoscere e interpretare correttamente la situazione di pericolo in cui si trova la donna che chiede aiuto. In definitiva, anche la migliore delle leggi dev’essere applicata nel modo giusto per produrre effetti positivi.

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