
Pubblicato su Oggi n.36 del 13 settembre 2018.
Qualcuno ha osservato che la storia della presunta violenza di Asia Argento sull’attore Jimmy Bennett (diciassettenne all’epoca dei fatti, nel 2003) ha dell’incredibile, e che è difficile immaginare una violenza consumata da una donna su un uomo; inoltre, si è detto che – ove la denuncia di Bennett corrispondesse a verità – l’attendibilità della Argento come testimone nello scandalo Weinstein sarebbe fortemente compromessa.
Iniziamo dalla prima osservazione: credo che non possa esserci una sorta di automatismo, per cui l’eventuale coinvolgimento della Argento azzererebbe la credibilità delle sue accuse nei confronti del produttore Harvey Weinstein; l’attendibilità di un testimone non è inficiata dai reati eventualmente commessi.
Per quanto riguarda la seconda osservazione, c’è un punto essenziale che mi sembra sfugga ai più: fermo restando che ancora non sono stati accertati i fatti, in astratto, come nel caso delle molestie subite da tante attrici (e tanti attori) da parte di produttori senza scrupoli, venute a galla grazie al movimento #metoo, anche la violenza di una donna su un ragazzino ha poco a che vedere con la possanza fisica e molto con il rapporto di soggezione psicologica che si instaura tra chi riveste una posizione di potere e chi quel potere lo subisce perché subalterno. È insomma possibile che un uomo – tanto più se giovanissimo – si ritrovi soggiogato da quel potere, e che la sua volontà ne risulti viziata, proprio come può succedere a una donna.
La notizia di questa presunta violenza sessuale ha destato particolare scalpore perché Asia Argento ha avuto un ruolo di primissimo piano all’interno del movimento #metoo, scoperchiando il vaso di Pandora di un fenomeno che in altre occasioni ho definito “molestia ambientale”: alcuni potenti del mondo dello spettacolo (a Hollywood ma anche in Italia) si sentivano in diritto di ottenere una prestazione sessuale, senza nemmeno bisogno di verificare il consenso delle attrici o degli attori che passavano dai loro uffici. Un po’ come accadeva prima di Mani pulite, quando la mazzetta era una prassi consolidata, qualcosa che il politico riteneva un diritto (e che peraltro spesso riceveva senza nemmeno scomodarsi a chiedere).
Nell’ottobre dello scorso anno, la Argento ha parlato delle molestie che avrebbe subìto da Weinstein, incoraggiando molti altri a venire allo scoperto e provocando così uno scandalo che ha travolto molti nomi illustri. Adesso però i ruoli si sono rovesciati, anche se l’attrice italiana ha respinto ogni accusa. Ha infatti dichiarato di non aver avuto alcuna relazione sessuale con Jimmy Bennett, al quale sarebbe stata legata da una semplice amicizia, terminata quando il giovane – dopo la vicenda Weinstein – le ha chiesto inopinatamente tre milioni e mezzo di dollari per far fronte a un momento di difficoltà, adducendo come giustificazione il trauma riportato in seguito alla violenza subìta, che gli avrebbe stroncato la carriera: mossa a compassione, insieme al suo compagno Anthony Bourdain la Argento aveva infine deciso di aiutarlo versandogli del denaro (380.000 dollari), ma a condizione di non subire più intrusioni e richieste. Questi i fatti ricostruiti dal “New York Times”, a cui si aggiunge la pubblicazione – da parte di un sito scandalistico americano – di alcuni messaggi della Argento che parlerebbero di rapporti sessuali con il giovane.
Nell’attesa che vengano svolti gli opportuni accertamenti – e speriamo che accada il prima possibile – io rimango garantista. Rimane il fatto che chi sfrutta il proprio potere per fini sessuali – uomo o donna che sia – commette un abuso gravissimo. Sempre e comunque, ma soprattutto se ha a che fare con un minore.
Giulia Bongiorno