Pubblicato su Oggi n. 51 del 23 dicembre 2021

Cara Michelle, leggo pareri sempre più contrastanti sull’utilizzo di questo simbolo, la schwa. Dovrebbe tutelare i diritti e l’uguaglianza di tutti. E invece, addirittura, una linguista della Crusca la attacca in nome del femminismo! Tu cosa ne pensi, dovremmo usarla davvero?
Karin

Cara Karin, sulla piccola “e” rovesciata che alcuni vorrebbero aggiungere o sostituire alle desinenze italiane per includere tutti i sessi e le identità di genere se ne sono dette tante. Personaggi autorevoli e qualificati (linguisti, filosofi, sociologi) hanno espresso pareri anche molto diversi; e quando il dibattito è uscito dall’accademia i toni sono spesso stati poco rispettosi delle idee altrui.
Personalmente, quando mi è capitato di leggere dei testi in cui la schwa veniva usata massicciamente – non solo, per esempio, in apertura o in chiusura di discorso – ho sempre fatto una gran confusione. Comprendo bene che esiste un uso sessista della lingua, e lo trovo molto ingiusto, ma sono convinta che non sia la grammatica l’ambito in cui si combattono questioni come la parità e l’inclusione. Credo inoltre che la funzione sia sempre più importante del sesso di chi la esercita. Detto questo, ho cercato di documentarmi e ho trovato in rete l’intervento al quale fai riferimento, quello della professoressa Cecilia Robustelli, ordinaria di Linguistica italiana presso l’Università degli studi di Modena e Reggio Emilia, che da anni lavora con l’Accademia della Crusca. Sono rimasta colpita dalla chiarezza del ragionamento e, al di là del fatto che non lo condivido in tutti i suoi aspetti, alcuni concetti mi sembrano inoppugnabili: innanzitutto, la distinzione tra il genere grammaticale (assegnato ai termini che si riferiscono agli esseri umani in base al sesso) e il genere socioculturale (cioè la costruzione, la percezione sociale, di ciò che comporta l’appartenenza sessuale); poi, il fatto che un sistema linguistico ha come scopo la comunicazione e dunque introdurre delle modifiche che la rendono difficoltosa – sia pure con le migliori intenzioni – fa sì che il sistema si inceppi; infine, il fatto che senza dubbio la lingua è un organismo vivo (come dimostrato dal fatto che ogni anno nei dizionari entrano parole nuove e altre, invece, cadono in disuso), ma i cambiamenti non possono essere altrettanto rapidi né altrettanto frequenti quando si parla delle sue strutture.
In conclusione, credo che la schwa non rappresenti la soluzione dei problemi, e soprattutto che la prepotenza e l’arroganza di tanti suoi sostenitori rappresentino al contrario un problema in più del quale non sentivamo la mancanza.

CONDIVIDI: