
Pubblicato su Oggi n.17 del 2 maggio 2019.
Ho visto in tv le immagini dello stadio gremito di tifosi per la partita di campionato di serie A women e mi ha sorpreso che tanta gente fosse andata a vedere giocare non i “soliti” uomini ma due squadre femminili! Anche così ci si avvicina alla parità tra donne e uomini, non crede?
Augusta
All’Allianz Stadium di Torino si è disputata la prima sfida scudetto del campionato di serie A, che ha visto contrapposte Juventus Women e Fiorentina Women. È stata la partita femminile che ha fatto registrare la maggiore affluenza di pubblico nella storia del calcio italiano (circa quarantamila persone, tra donne, uomini, bambine e bambini). Questa notizia ha un doppio valore: da un lato dimostra che anche le donne si stanno affermando in uno sport ritenuto tipicamente maschile; dall’altro, che il calcio che entusiasma ed emoziona gli spettatori non è solo quello degli uomini.
Secondo quanto riporta la stampa, il calcio femminile è una realtà consolidata in Germania, Inghilterra e Spagna (di recente, in sessantamila hanno assistito alla sfida Atletico Madrid-Barcellona). Senza arrivare al caso (per noi) clamoroso degli Stati Uniti, dove le calciatrici sono più popolari dei loro colleghi uomini, il nostro Paese sembra muoversi in questa direzione, dunque in linea con quanto accade in altri paesi europei.
Come purtroppo spesso avviene, però, non appena si pensa di aver fatto un passo avanti si scopre che qualcuno è rimasto molto indietro: con una sorprendente coincidenza di tempi e contesti, proprio negli stessi giorni è accaduto un episodio di segno opposto, che ci fa capire come per alcuni sia ancora dominante lo stereotipo sessista delle donne “non adatte” a certi ruoli, ambiti o professioni. Mi riferisco per la precisione al giornalista sportivo che – nella cronaca dell’incontro di calcio tra il Sant’Agnello e l’Agropoli, nel campionato di Eccellenza – ha contestato il fatto che uno dei due assistenti dell’arbitro fosse una donna, lasciandosi andare ad affermazioni inaccettabili; peraltro, in ambito calcistico la sua non è una voce isolata). Secondo la ricostruzione riportata dalla stampa, il giornalista avrebbe ritenuto “inguardabile” l’assistente e avrebbe spiegato il suo punto di vista aggiungendo che è sbagliato far arbitrare a una donna una partita calcio. (Nel leggere questa notizia mi sono ricordata di quando, agli inizi della carriera, mi si diceva che l’avvocato penalista non era un lavoro “da donna”.) A questo punto, le buone notizie: immediata presa di posizione del Consiglio disciplinare dell’Ordine dei giornalisti, reazione compatta (attraverso i social network, e non solo) dell’opinione pubblica, scuse del giornalista.
Ma la notizia migliore, per me, è stata la presenza di tanti bambini e bambine in mezzo al pubblico dell’Allianz Stadium: hanno avuto davanti agli occhi la dimostrazione che non solo le donne possono fare esattamente quello che fanno gli uomini, ma anche che possono farlo altrettanto bene.
Giulia Bongiorno