Pubblicato su Oggi n.52 del 30 dicembre 2018.

L’idea di un codice di priorità per un certo tipo di denunce nasce dall’esperienza maturata con Doppia Difesa: troppo spesso, chi aveva trovato il coraggio di denunciare non ha ottenuto nell’immediato un aiuto adeguato, fino a vicende tragiche di donne uccise mentre si attendevano procedimenti giudiziari che tardavano ad arrivare. Ricordiamo in particolare Noemi Durini, sedici anni, uccisa nel settembre del 2017 dal fidanzato; la madre della ragazza aveva chiesto aiuto alle forze dell’ordine senza ottenere interventi. In occasione di una conferenza stampa tenutasi due mesi dopo alla presenza proprio della mamma di Noemi, signora Imma Rizzo, è stata lanciata una campagna di comunicazione sociale – attraverso un cortometraggio e uno spot – e al contempo è stata elaborata una proposta per affrontare questo problema da un punto di vista normativo. Ecco, in breve, le tappe successive: tra maggio e giugno scorsi la nostra idea è stata condivisa dai leader dei principali partiti politici italiani, che alla presenza di Michelle Hunziker hanno sottoscritto una lettera di impegno a far approvare una legge in tal senso. Quindi l’iniziativa è stata portata avanti dal Governo, che nella seduta del Consiglio dei Ministri dello scorso 28 novembre ha approvato il disegno di legge c.d. Codice Rosso. Il provvedimento si articola in pochi, innovativi punti: innanzitutto, l’obbligo da parte della polizia giudiziaria di comunicare immediatamente al pubblico ministero le notizie di reato acquisite per maltrattamenti, violenze sessuali, lesioni aggravate e atti persecutori commessi in contesti familiari o di convivenza, senza più alcuna discrezionalità sulla valutazione dell’urgenza di procedere a tale comunicazione. In secondo luogo, la regola che – per questi reati – l’autorità giudiziaria deve ascoltare la vittima entro tre giorni dall’avvio del procedimento: la vittima acquisisce così il diritto di essere ascoltata in tempi rapidissimi e definiti, per far sì che il magistrato possa valutare subito la gravità della situazione attraverso la sua viva voce e non più solo attraverso una denuncia scritta. E ancora: l’obbligo per la polizia giudiziaria di procedere senza ritardo allo svolgimento delle indagini delegate dal pm, mettendogli a disposizione – con la stessa tempestività – le risultanze degli accertamenti. Infine, l’obbligo di formazione per Polizia di Stato, Arma dei Carabinieri e Polizia Penitenziaria, onde fornire le cognizioni specialistiche per trattare procedimenti di violenza domestica e di genere. Spero che l’iter parlamentare di approvazione della legge possa avviarsi e concludersi al più presto, contando sulla solidarietà che deve crearsi tra gli opposti schieramenti su un tema che non ha colore politico. Al tempo stesso, mi auguro che l’applicazione sia rigorosa: se non viene applicata a dovere, anche la migliore delle leggi può non raggiungere i suoi obiettivi.

Giulia Bongiorno

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